Un provvedimento che va ben oltre le diatribe interne all'associazione sindacale e che necessita della giusta attenzione nazionale. La CGIL che espelle questo suo dirigente (fosse anche nella formulazione ipocrita del "provvedimento di interruzione del rapporto associativo") di fatto rompe con la tradizione repubblicana ed antifascista del sindacato di Di Vittorio e Lama e posiziona quella organizzazione su di una linea di intolleranza estranea allo spirito democratico. E la inserisce sull'onda di una involuzione culturale complessiva lungo la quale il nostro Paese si sta incamminando con la complicità di una certa sinistra che ormai occupa (fatto del tutto nuovo) anche taluni vertici di sindacati di categoria, come nel caso della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza. Qui non sono in discussione le capacità del singolo di assolvere o meno al compito a cui era stato chiamato, ma la libertà di pensiero e il diritto di cronaca che deve essere garantita, secondo Costituzione, ai giornalisti pubblicisti o professionisti che siano. L'espulsione di Gallo è un provvedimento in perfetto stile di "purga staliniana": imbastire un processo farsa (falso, senza possibilità di interlocuzione e senza appello) per liberarsi di una posizione scomoda o diversa, ricorrendo all'uso strumentale dei valori antifascisti e calpestando di fatto le garanzie costituzionali.
LE CONDIZIONI DELLA DEMOCRAZIA DOPO IL 4 DICEMBRE 2016 Questo episodio costituisce un segnale che dovrebbe svegliare tutti i sinceri democratici e spingerli a rileggere la "pagina politica" dei nostri giorni. A partire da un interrogativo: ma dopo il 4 dicembre 2016, vittoria dei NO al referendum costituzionale, non doveva essere garantita più democrazia? I conti non tornano. E'ora di una verifica e di un bilancio delle proprie convinzioni politiche comprese quelle adottate a dicembre scorso.
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